La Colatura d’alici di Cetara è uno dei tanti esempi di prodotti capaci di identificare un paese, di rappresentarne l’identità più profonda. Senza ricorrere a forzature, si può dire che esso è nel codice genetico della gente di Cetara che nei secoli ha continuato a produrlo in silenzio per farne il condimento del piatto tradizionale delle feste natalizie. Ma molti passi devono essere compiuti per scongiurare il rischio, sempre incombente, di banalizzazione ed omologazione. Senza le dovute tutele, questo prodotto può comunque essere imitato e riproposto senza rispettare gli standard qualitativi che fanno della Colatura un unicum nel suo genere: un antico condimento ricavato dalla salagione delle alici, per mezzo di un procedimento tramandato di padre in figlio.
Nel corso degli ultimi decenni si sono diffuse diverse modalità di produzione dando luogo a prodotti non sempre in linea con le eccezionali qualità organolettiche della "vera" colatura che i solo i cetaresi ben conoscono. Al termine di una serrata ricerca, non solo documentale, raccolti i ricordi e i racconti degli anziani pescatori che avevano "esportato" perfino in Algeria, fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo scorso, l’arte della salagione e della connessa produzione della colatura, sono state codificate le regole semplici e i tempi precisi del processo di produzione della Colatura tradizionale (consulta La produzione della colatura di alici).
La Colatura attualmente disponibile sul mercato – pur restando un prodotto peculiare – è ottenuta con processi di lavorazione differenti da quello descritto. La materia prima non sempre è costituita da alici del Golfo di Salerno; la salagione delle alici non è eseguita nel terzigno ma in contenitori di diversi materiali; per il filtraggio ci si avvale di teli di lino detti cappucci.
Il Presidio Slow Food della colatura tradizionale di alici di Cetara nasce allo scopo di tutelare un grande prodotto e un pezzo di storia, con tutti coloro (pescatori, produttori artigianali, ristoratori) che concorreranno a preservarlo da mere speculazioni commerciali.
Si è avviato poi un percorso verso il conseguimento delle forme di tutela previste dalla normativa comunitaria, con la necessità di superare le non poche difficoltà già presentatesi. A partire dagli impedimenti originati dalle strette maglie della normativa igienico-sanitaria. Sarà necessario un forte impegno da parte degli enti locali: il Comune che dovrà consentire l’esecuzione sul proprio territorio della fase iniziale del processo, la Regione Campania che dovrà predisporre deroghe alla normativa sanitaria generale. Da questi atti dipende la sopravvivenza del peculiare prodotto cetarese, nel rispetto di una secolare tradizione.